Il significato comune dei riti funebri nelle diverse culture
Fin dai tempi preistorici, l’essere umano ha sentito l’esigenza di strutturare dei rituali per accompagnare il defunto nel suo viaggio verso l’aldilà (Landuzzi, 2012). Col tempo, sono state istituite ritualizzazioni funebri che prevedono modalità e comportamenti multiformi a seconda della cultura di appartenenza. Per quanto riguarda ad esempio la conservazione delle salme, in paesi come la Cina c’è la tendenza a seppellire i corpi secondo delle precise attenzioni, mentre nella cultura induista si procede alla dissoluzione del corpo tramite cremazione; anche l’atteggiamento da tenere durante le cerimonie funebri può essere composto e di dignitosa fiducia nell’aldilà (nel caso della religione islamica) o all’opposto di esagerate manifestazioni di pianto su commissione (in alcune aree del sud Italia). Nonostante ciò, nella varietà dei riti funebri possiamo notare degli elementi trasversali (Landuzzi, 2012): elemento cardine nelle diverse culture è, infatti, la quantità di tempo dedicata alla ritualizzazione: dalla durata di 49 giorni delle cerimonie funebri cinesi, al ritmo cadenzato e lento dell’accompagnamento della salma all’altare, fino al tempo previsto di costante veglia sul corpo del defunto tipico di comunità italiane, ortodosse e della comunità rom. Inoltre, tutte le culture prevedono delle modalità complesse e rigorose della preparazione della salma e precise regole e tempistiche che scandiscono il momento dell’inumazione. La preparazione del corpo, il tempo di veglia, lo stare con il defunto e con la sua salma per un lungo periodo di tempo, il condividere il dolore esternandolo assieme alla comunità sono gesti che accomunano i vari rituali e assolvono fondamentali funzioni sociali quali l’ufficializzazione alla comunità della morte e le espressioni di affetto, solidarietà e di vicinanza alla famiglia (Landuzzi, 2012). Secondo Robert Neimeyer (2014), il dolore dovuto al lutto è innanzitutto un processo sociale oltre che interiore e soggettivo: è compito della società ri-organizzare e ri-ordinare la memoria del defunto, fornire il significato della sua vita e morte all’interno della comunità che ne piange la perdita. Indipendentemente dalle diverse pratiche culturali, abbiamo visto che esse condividono un’infrastruttura comune racchiusa nel riunirsi e legarsi collettivamente. L’estrema importanza che ricoprono i riti funebri che accompagnano il processo di lutto è riconosciuta da tempo in ambito psicologico. Attraverso comportamenti strutturati e codificati, azioni simboliche, ripetitive e stereotipate i riti funebri delimitano uno spazio legittimo in cui poter manifestare pubblicamente il proprio dolore e la propria impotenza, aiutano l’individuo a canalizzare le emozioni dovute alla perdita e permettono di innescare il processo di lutto (Souza & Souza, 2019; Landuzzi, 2012). Inoltre, i riti funebri rafforzano i legami interpersonali e la rete di sicurezza sociale in un momento di massima vulnerabilità; riflettono il senso di essere umani, di amare e di connettersi all’altro.Quando le norme anti-contagio impediscono la ritualizzazione funebre
In questo periodo storico caratterizzato dalla pandemia da coronavirus gran parte della tragedia che stiamo vivendo è collegata alla perdita: non poter essere presenti né durante l’improvviso ricovero di un proprio caro, né successivamente durante i suoi ultimi istanti di vita. In aggiunta, a causa delle norme di prevenzione contro la diffusione del virus, la famiglia è stata privata anche della possibilità di vedere il corpo fisico del defunto e di celebrare una tradizionale cerimonia funebre con la presenza e supporto della comunità. Non sono state rare le situazioni in cui il proprio caro è venuto a mancare improvvisamente e in terapia intensiva, lontano dai propri parenti. I parenti, oltre a non poter vedere il corpo del defunto, non hanno potuto nemmeno celebrare alcuna funzione di addio a causa delle norme anticontagio o perché si trovavano in quarantena. La celebrazione dei funerali, la veglia sul corpo del defunto o il rituale di esposizione della bara sono fattori fondamentali e necessari nella ritualizzazione funebre nelle diverse culture: l’impossibilità di effettuare questi passaggi non permette di raggiungere una chiusura emotiva, e prevale un’impossibilità di connessione con la perdita per poter iniziare il necessario processo di distacco. La sensazione che rimane è di “una tappa saltata”, “di una perdita ambigua”, poiché è essenziale poter salutare per l’ultima volta il corpo del defunto per rendersi conto della effettiva perdita, soprattutto se questa avviene improvvisamente (Franqueira, 2019; Fernández & González-González, 2020). Questo passaggio mancato un alto rischio di sviluppare sentimenti di struggimento, sensi di colpa, rabbia e amarezza per la morte, ponendo le basi per lo sviluppo di un lutto complicato (Gesi e colleghi, 2020; Fernández & González-González, 2020). Il lutto complicato. A differenza del fisiologico processo di elaborazione del lutto durante il quale il dolore provocato dalla perdita di un proprio caro segue diverse fasi che condurranno alla riorganizzazione e all’accettazione dell’evento luttuoso, il lutto complicato è caratterizzato da disorganizzazione duratura che rende difficile o impedire la riorganizzazione psicologica e la ripresa di vita. Esso può prevedere manifestazioni che includono l’isolamento sociale dell’individuo colpito dalla perdita, episodi depressivi, bassa autostima, impulsi autodistruttivi, frequenti pensieri rivolti al defunto, una sottesa incapacità di accettare la perdita, l’auto-colpevolizzazione e la difficoltà di immaginare un futuro significativo senza la persona amata (DSM-V, 2014). Un’ulteriore ricerca effettuata da Solomita & Franza (2020) ha analizzato come la mancata sperimentazione del funerale e dell’addio al corpo del proprio caro può interrompere il normale processamento di modulazione neurobiologica: l’angoscia degli ultimi istanti di vita della persona cara in un dolore non condiviso, la colpa e la rabbia verso l’amato assente, la mancata celebrazione della ritualità del funerale rischiano far riverberare ininterrottamente il percorso psicologico della rielaborazione del lutto, in un circuito continuo di ansia e di rievocazione dolorosa che impedisce l’elaborazione della perdita e sviluppando un lutto complicato. Altri fattori di rischio alla comparsa del lutto complicato sono l’isolamento e il mancato supporto sociale che accompagnano la morte durante questo periodo così complesso: l’isolamento, il distanziamento sociale e il divieto di assembramento se da un lato sono misure fondamentali per contenere il contagio epidemico, dall’altro impediscono di celebrare funerali pubblici costringendo ad un lutto in solitudine e riducendo drasticamente i livelli di sostegno sociale da parte di amici e familiari sia nell’immediato, sia nel periodo successivo alla perdita. (Gesi e colleghi, 2020; Fernández & González-González, 2020).Cosa si può fare?
Inventare nuove modalità di ritualizzazione. Oggi più che mai risulta imperativo introdurre nuovi modi per preservare l’esecuzione dei rituali funebri: secondo Oliveira-Cardoso e colleghi (2020) ad esempio, la tecnologia può venirci in aiuto per mantenere la vicinanza sociale ed emotiva (che non necessariamente deve essere fisica) e non svuotare il significato prezioso del momento funebre. Trovare un significato. In questa situazione di trauma collettivo dovuto allo scoppio della pandemia in cui ogni senso e riferimento sembra mancare, è ancor di più necessario incoraggiare la ricerca di un significato della perdita: Il più grande pericolo da evitare è che il rituale di addio perda il suo significato e non riesca ad adempiere al suo ruolo di aggregare membri della famiglia nell’elaborazione di un dolore che già per i fattori esterni è di natura inaspettata ed eccezionale (Oliveira-Cardoso et al., 2020) Connettersi. Ricordiamo infine che il connettersi agli altri ricopre un forte fattore di protezione nel prevenire l’insorgenza di un lutto cronico o patologico: dall’implementare la comunicazione e il coinvolgimento tra la famiglia del malato e il personale medico della terapia intensiva, salvaguardare la connessione tra i parenti e i pazienti ricoverati tramite interazioni anche a distanza. (Fernández & González-González, 2020; Gesi et al, 2020; Oliveira-Cardoso et al, 2020). In tempi di avversità collettiva lo sviluppo di competenze sociali quali atteggiamenti di solidarietà in un’ottica di fare la propria parte per la comunità assieme ai momenti di connessione emotiva -anche virtuale- è fondamentale (Oliveira-Cardoso et al., 2020). Non per ultimo, il cercare sostegno rivolgendosi ad un professionista qualora ci si trovi in una situazione di sofferenza e di lutto di difficile risoluzione può fare la differenza.Alessandra Del Ben
Pubblicato su Centro di Psicologia e Psicoterapia Funzionale di Padova
Bibliografia e sitografia
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Fernández, Ó., González-González, M. (2020) The Dead with No Wake, Grieving with No Closure: Illness and Death in the Days of Coronavirus in Spain. J Relig Health. https://doi.org/10.1007/s10943-020-01078-5
Gesi, C., Carmassi, C., Cerveri, G., Carpita, B., Cremone, I. M., Dell’Osso, L. (2020). Complicated Grief: What to Expect After the Coronavirus Pandemic. Frontiers in Psychiatry, 11. 489. DOI=10.3389/fpsyt.2020.00489
https://www.pennmedicine.org/news/news-blog/2020/july/how-coronavirus-complicates-the-grieving-process
Oliveira-Cardoso, E. A., Silva, B. C. A., Santos, J. H., Lotério, L.S., Accoroni, A.G., Santos, M.A. (2020) The effect of suppressing funeral rituals during the COVID-19 pandemic on bereaved families. Rev. Latino-Am. Enfermagem, 28. 3361. DOI: http://dx.doi.org/10.1590/1518-8345.4519.3361
https://www.npr.org/sections/coronavirus-live-updates/2020/12/14/946402101/psychologist-on-why-funerals-are-fundamental-to-processing-grief?t=1620198772067&t=1620240324400
Landuzzi,C. (2012) Death rituals in ethnic and cultural mix of urban environment, http://in_bo.unibo.it/
Souza, C.P., Souza, A.M. (2019) Funeral rituals in the process of mourning: meaning and functions. Psic Teor Pesq, 35. 1-7. DOI: https://doi. org/10.1590/0102.3772e35412 11.
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